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storia_ts:biografie:santin_antonio

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 L’invasione della Jugoslavia da parte degli eserciti italiani e tedeschi aveva aggravato i rapporti, già tesi, tra italiani e sloveni e la lotta partigiana contro gli occupanti aveva scavato un solco doloroso anche nel clero della diocesi. Una parte dei sacerdoti sloveni e croati si era infatti schierata a fianco del movimento di liberazione e delle sue rivendicazioni nazionali, collaborando di fatto con i comunisti, che in quel movimento erano i principali animatori della resistenza. Santin, invece, espresse sempre la più dura condanna nei confronti di quei “nemici dell’ordine”, che, con una “falsa propaganda” conquistavano sempre più l’appoggio della popolazione. L’invasione della Jugoslavia da parte degli eserciti italiani e tedeschi aveva aggravato i rapporti, già tesi, tra italiani e sloveni e la lotta partigiana contro gli occupanti aveva scavato un solco doloroso anche nel clero della diocesi. Una parte dei sacerdoti sloveni e croati si era infatti schierata a fianco del movimento di liberazione e delle sue rivendicazioni nazionali, collaborando di fatto con i comunisti, che in quel movimento erano i principali animatori della resistenza. Santin, invece, espresse sempre la più dura condanna nei confronti di quei “nemici dell’ordine”, che, con una “falsa propaganda” conquistavano sempre più l’appoggio della popolazione.
  
-All’indomani del 1945 scoppiarono nuovamente polemiche sul comportamento tenuto in quegli anni dal vescovo nei confronti dei fedeli sloveni e in città se ne fece interprete il sacerdote Virgil Šček, che trent’anni prima aveva difeso con coraggio i diritti del suo popolo dagli scanni del Parlamento italiano. Quando, agli inizi di settembre, Šček si dichiarò a favore dello “Osvobodilna fronta” (“Fronte di Liberazione”) ed attaccò le opzioni “filoitaliane” del vescovo: Santin intervenne con grande intransigenza contro tutti quei sacerdoti che, al seguito di ek, volevano ridar vita al vecchio “Sodalizio dei sacerdoti di San Paolo”, tanto caro alle tradizioni del clero sloveno: “Apprendo che domani si dovrebbe tenere a Trieste una riunione del Clero Sloveno sotto gli auspici dello “Zbor s. Pavla”. Proibisco a tutti i sacerdoti di intervenire e di riunirsi sotto qualsiasi pretesto”.+All’indomani del 1945 scoppiarono nuovamente polemiche sul comportamento tenuto in quegli anni dal vescovo nei confronti dei fedeli sloveni e in città se ne fece interprete il sacerdote Virgil Šček, che trent’anni prima aveva difeso con coraggio i diritti del suo popolo dagli scanni del Parlamento italiano. Quando, agli inizi di settembre, Šček si dichiarò a favore dello “Osvobodilna fronta” (“Fronte di Liberazione”) ed attaccò le opzioni “filoitaliane” del vescovo: Santin intervenne con grande intransigenza contro tutti quei sacerdoti che, al seguito di Šček, volevano ridar vita al vecchio “Sodalizio dei sacerdoti di San Paolo”, tanto caro alle tradizioni del clero sloveno: “Apprendo che domani si dovrebbe tenere a Trieste una riunione del Clero Sloveno sotto gli auspici dello “Zbor s. Pavla”. Proibisco a tutti i sacerdoti di intervenire e di riunirsi sotto qualsiasi pretesto”.
  
 La stessa intransigenza mostrò quando si trovò, nel 1946, davanti ai “gravamina” del clero sloveno e croato stilati ed esposti in buon latino dal sacerdote Jakob Ukmar. Alle molte “doglianze” puntuali e circostanziate il vescovo rispose immediatamente: “Sicuro, serenissimo” - scrive Alojz Rebula – “esemplarissimo come vescovo cattolico, egli rigettava tutte le rimostranze. Tra le “doglianze” i sacerdoti sloveni avevano fatto notare che non avevano mai, “nemmeno dopo il mese di luglio del 1943, sentito il vescovo alloquirli nella loro lingua”!”. La stessa intransigenza mostrò quando si trovò, nel 1946, davanti ai “gravamina” del clero sloveno e croato stilati ed esposti in buon latino dal sacerdote Jakob Ukmar. Alle molte “doglianze” puntuali e circostanziate il vescovo rispose immediatamente: “Sicuro, serenissimo” - scrive Alojz Rebula – “esemplarissimo come vescovo cattolico, egli rigettava tutte le rimostranze. Tra le “doglianze” i sacerdoti sloveni avevano fatto notare che non avevano mai, “nemmeno dopo il mese di luglio del 1943, sentito il vescovo alloquirli nella loro lingua”!”.
Linea 79: Linea 79:
 Si concludeva così un periodo molto importante e delicato per la chiesa triestina. Santin sopravvisse qualche anno alla fine del suo episcopato. Morì nel marzo del 1981 e il suo corpo venne tumulato nella cattedrale di San Giusto, come aveva chiesto - “se possibile” - nel suo testamento. Si concludeva così un periodo molto importante e delicato per la chiesa triestina. Santin sopravvisse qualche anno alla fine del suo episcopato. Morì nel marzo del 1981 e il suo corpo venne tumulato nella cattedrale di San Giusto, come aveva chiesto - “se possibile” - nel suo testamento.
  
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